Dopo la riunione con Lucchese, Frandoli e gli altri componenti della cordata che vorrebbe salvare il calcio a Treviso, è arrivata una prima, dolorosa ma non inaspettata sentenza: la Serie D è impossibile, l’Eccellenza… quasi, specialmente se non verranno reperite altre risorse. A quattro anni di distanza il rischio sparizione (almeno un anno sabbatico senza calcio) è tutt’altro che remota. L’ennesima umiliazione per una città e una provincia che forse non meritano neanche la Terza categoria.
“Benedetta” crisi, senza la quale sarebbe più difficile spiegare perché Treviso non può permettersi nemmeno un derby trevigiano con l’Unione Pro Mogliano Preganziol o il Villorba (con tutto il rispetto per queste società), o rischia di rimanere senza calcio per la seconda volta in quattro anni. Non ci fosse la crisi, ci sarebbero comunque altre scuse per non aiutare il Treviso calcio: in Serie D no perché non si trovano abbastanza soldi, in Eccellenza no perché non va bene ai pochi che investirebbero in Serie D, e così via. Pensavamo di aver toccato il fondo nel 2009 giocando nella sesta serie nazionale, dopo un regalo della Figc, che aveva dato il via libera all’iscrizione fuori tempo massimo, a due settimane dall’inizio del campionato; e invece, per come si stanno la mettendo le cose, c’è il rischio concreto che questa volta non si riparta davvero, restando al palo almeno un anno. Da parte nostra non possiamo che apprezzare gli encomiabili sforzi dei “salvatori”, che a differenza del loro precedessore non hanno fatto promesse di alcun tipo, tanto che Lucchese nella sua prima intervista non aveva escluso la ripartenza da un campionato meno prestigioso come la Promozione.
Tuttavia, non possiamo accettare questa situazione come qualcosa di normale. Già quattro anni fa il Treviso calcio rappresentava un caso più unico che raro nel panorama nazionale, dove nessun’altra squadra di pari blasone era caduta così in basso. Negli ultimi anni altre big, come la Triestina, hanno conosciuto l’onta dell’Eccellenza, ma adesso i biancocelesti rischiano di ripartire addirittura un gradino sotto, se tutto va bene. La situazione è sempre la stessa e la conosciamo bene: a Treviso, crisi o non crisi, si fa fatica a raccogliere i soldi per qualsiasi categoria dilettantistica. E al di là della difficile congiuntura economica e dello storico menefreghismo dell’imprenditoria trevigiana verso il calcio (l’unica squadra stabilmente fissa in Serie D è il Montebelluna, che continua a sopravvivere nell’ex Interregionale grazie a uno dei migliori settori giovani d’Italia), Treviso paga le avventuristiche gestioni degli ultimi anni. L’ultimo crack societario, preceduto e seguito dalle carnevalate corvezziane, ha ulteriormente indebolito l’immagine del calcio Treviso; la beffa finale con la promesse elettorali di mister Segafredo ha inferto il colpo di grazia alla fiducia dei tifosi, che adesso non possono manco sperare nell’aiuto di qualche magnate.
SOLO SPERANZE La famosa riunione di lunedì, poi rinviata a martedì per “inderogabili impegni di lavoro” dei convenuti, si è conclusa con risultati sconfortanti. Bepi Lucchese dalle colonne de La Tribuna di Treviso annuncia mestamente che «la cifra che ci siamo prefissati di raccogliere ancora non c’è, anche se abbiamo ancora davanti un po’ di tempo. L’unica prospettiva oggi è quella dell’Eccellenza, ed anche lì comunque girano cifre notevoli, dai 500 mila ai 600 mila euro». Tempo ce n’è ancora, «almeno finché non saranno varati i calendari». Il problema, precisa Lucchese, non è trovare i soldi per l’iscrizione, ma quelli per poter poi fronteggiare i costi di gestione di un campionato intero; altrimenti la società «non parte». Si spera anche nell’aiuto delle istituzioni, «che hanno già espresso parere favorevole».
La concessione del Tenni rimane uno dei principali nodi da sciogliere, e proprio gli alti costi di gestione dell’impianto rischiano di pesare e non poco sulla nascita della nuova società. Dalla Serie A all’Eccellenza l’affitto è rimasto lo stesso, e nel 2009 l’amministrazione Gobbo aveva preteso il pagamento per intero della cifra prima di concedere lo stadio a Sartori. Ma per una società dilettantistica non ancora nata 95 mila euro sono una cifra esorbitante, specialmente se a questi se ne aggiungono subito altri 100 mila per potersi iscrivere in Eccellenza (300 mila in Serie D, ormai irraggiungibile). Mantenere occupato il Tenni sarebbe fondamentale: la sopravvivenza del “Comunale” è strettamente legata a quella del Treviso calcio, e viceversa.
Viste le premesse, c’è poco da essere ottimisti. Tuttavia Il Gazzettino di Treviso dipinge ancora una volta un quadro più positivo rispetto agli altri media locali. «Abbiamo radunato diversi imprenditori e la squadra potrebbe essere iscritta anche domani», ha dichiarato Bepi Lucchese, che sulla riuscita dell’operazione non sembra avere dubbi: «Ne sono convinto. Non credo che a Treviso il calcio possa scomparire per pochi migliaia di euro. Una città ricca come la nostra e con una grande tradizione sportiva deve avere una squadra di calcio soprattutto se questa riparte da zero e senza persone non gradite dall’amministrazione dalla tifoseria e dagli ambienti economici».
Da questo punto di vista il quotidiano precisa che «dal comune fanno sapere che solo una nuova società potrà utilizzare il Tenni perché vogliono vedere volti nuovi, una prima squadra e un settore giovanile e che se proprio dovessero privilegiare quest’ultimo, in prima battuta, le attenzioni saranno tutte per l’Academy». Porte sbarrate per Corvezzo, che dovrà occuparsi concentrarsi sulla liquidazione del suo Fc Treviso.
Infine, Lucchese conferma che qualche aiuto arriverebbe da Zanetti: «I soldi sono sicuri ma solo se la squadra sarà iscritta e non importa a quale categoria ma chiederli adesso non mi pare rispettoso anche perché non sono questi gli accordi». Come nel caso dell’Advar, un contentino ben distante dalle promesse elettorali dello scorso maggio. Agli occhi della città e dei tifosi Zanetti avrebbe potuto cancellare la beffa della trattativa per l’acquisizione del F.c. Treviso garantendo la ripartenza dalla Serie D, dove avrebbe potuto iniziare senza ostacoli la sua scalata verso la Serie B seguendo le orme del decantato modello Sassuolo. Non avendolo fatto (parliamo già al passato anche sei i tempi per la D non sono ancora scaduti per le squadre come il Treviso) ha dimostrato che il comizio di piazza Borsa è stato solo un teatrino di chiusura per la campagna elettorale.